Mi chiamo Elisa Barindelli, sono nata in provincia di Milano il 2 Gennaio del mitico 1982!
Forse perché la mia è stata una gravidanza un po’ atipica, forse per chissà quale combinazione genetica, fatto sta che sin da ragazzina mi sono resa conto di avere un strana forma di deficit visivo/mnemonico: non mi riusciva di riconoscere le persone osservandone il volto (ho scoperto anni dopo che questa disfunzione si chiama Prosopagnosia: se volete saperne di più, ecco la pagina di Wikipedia).
Dai familiari più stretti ai compagni di classe, dai primi fidanzatini alle maestre… per evitare figure imbarazzanti ho ben presto sviluppato una forte attenzione per i dettagli. Occhiali, taglio di capelli, timbro di voce, scarpe preferite, orecchini, tatuaggi… ogni elemento mi aiutava ad associare il viso all’identità.
Da questa abitudine costante all’osservazione, pian piano mi sono scoperta a sviluppare la capacità di andare anche oltre quel che si vede.
Diventavo via via più interessata non solo alle informazioni fisiche, ma anche al loro riflesso sui sentimenti, sullo stato d’animo, sulla postura; imparavo ad osservare i cambiamenti graduali nei giorni, nelle settimane. E poi imparavo a notare l’essenza sottile che emanava dalle persone, l’influsso che spandevano intorno a sé. Allora non lo sapevo, ma gettavo le basi di quel che sarebbe diventato il mio “sguardo geometrico” sul mondo.
L’incarnazione dona forma esatta al richiamo che conduce a viver sulla Terra, così da radicarvi la coscienza.
Ma c’erano anche altre particolarità che fin da bimba sapevo contraddistinguermi e che mi interessavano anche di più. La fantasia, la capacità di sogno e visione, la convinzione profondissima che la vita avesse un’essenza che va ben oltre il materiale.
Dall’adolescenza in poi ho letto e studiato alla ricerca di risposte, possibili strade, indizi per non vagare alla cieca alla ricerca del famoso “senso della vita”.
Dalla filosofia alla poesia, dalla musica alla matematica passando per i videogiochi, la meditazione, l’ingegneria… un po’ dappertutto mi immergevo e trovavo suggestioni, atmosfere, scorci di ricordo. Così di giorno frequentavo il Politecnico, la sera facevo le canalizzazioni alle amiche; mi appassionavo leggendo Castaneda, poi studiavo sistemi informatici e analisi matematica; sbirciavo l’Enneagramma nella scia di Gurdjieff e della Quarta Via mentre sviluppavo software e scrivendo recensioni di videogame e film. Eppure non mi bastava. Possibile che materia e anima si dovessero sempre alternare, senza mai stare insieme?
Possibile che non si potesse ricercare sul campo, in prima persona, nel quotidiano, il senso del vivere? A volte basta chiedere e la vita risponde… Ho incontrato il gruppo dei ricercatori della Tradizione del Drago Trasparente ed ho subito scoperto che non dai libri si apprende la tradizione, ma dal ricordo vivo, in prima persona.
Una letizia lieve mi nasceva non dalla ragione, bensì dal cuore: l’avvertivo sciogliersi in me e al par di ghiaccio antico discendeva, dopo lunghe ere, ad irrorarmi il petto. Così affiorava piano il volto del drago nella nube.
Via via che imparavo a ricordare, i tasselli che negli anni avevo raccolto in me si riordinavano. Dal progressivo ripulirsi e riallinearsi del mio mosaico interiore andavano emergendo consapevolezze e metodi sempre più definiti di conoscenza e movimento d’energia. Li applicavo in tempo reale, sulle necessità e i desideri della mia vita privata, per poi giungere a saperli astrarre dal mio personale vissuto e farli condivisibili, validi anche per altri.
Il contatto fluido e semplice con la visione e il sogno mi ha condotta a conoscere intimamente le geometrie sacre.
Ho iniziato così ad impiegarle come un “alfabeto”, per classificare e dare sistematicità alle informazioni fisiche e sottili che sin da bambina avevo imparato a ricevere dal contatto con le persone. Anche l’Enneagramma, che sino ad allora mi era parso un simbolo muto ed ermetico, si apriva e si raccontava, finalmente accoglieva sulle sue diagonali e le sue punte le informazioni che ricevevo, le legava tra loro in una logica pulita e bilanciata, in un una lucidità naturale, piena di conforto.
Da questo lungo e breve percorso nasce il Viandante Antico.
Non un credo da adottare né una regola rigida uguale per tutti, bensì un approccio volto a seguire l’intelligenza del corpo, la danza del sentimento, il richiamo dello spirito. Per ognuno un diverso percorso, una forma unica, un equilibrio irripetibile: eppure, per tutti allo stesso modo, il comune richiamo a ritrovarsi.
Durante un laboratorio della tradizione del drago trasparente una volta mi son trovata a domandare al mio Ricordo: dopo tutto questo percorso, chi sono? Io chi sono davvero? La risposta mi è nata dentro con semplicità l’ho trascritta e la riporto qui di seguito.
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