A volte in estate ho questa bella occasione: legarmi ad un elastico e saltar giù da un albero.
L’ho fatto già tante volte, eppure quando capita voglio sempre ripetere l’esperienza. Mi metto sul bordo e non so più quanti metri mi separino dal suolo, cosa preveda il programma del resto della giornata, cosa sia successo ieri. Si abbassa il volume dei pensieri e si semplificano le cose fino a diventare solo due: salto o non salto.
È quella la parte davvero interessante (il drago lo chiama “il momento dell’amore”)
È il salto che da qualche parte accade dentro prima che il corpo si muova, saltando anche fuori. L’intento c’è, l’imbrago pure, spesso anche un po’ di curiosi che ti fissano da sotto. E allora cosa aspetti? Salta! (O in altri casi: lascialo, licenziati, dichiarati, parti, iscriviti… e via dicendo) Si fa presto a dirlo, ma tra il dire e il fare… cosa c’è? Il salto interno appunto: il momento dell’amore.
Saltare oppure sganciare il moschettone e scendere con la scala?
Parlare o tacere? Provare o attendere? Andare o stare? Quale delle due sia giusta, nessuno lo sa: dipende da quel che senti nel momento dell’amore. E nemmeno a posteriori, nessuno a parte te lo potrà mai sapere, perché davanti al vuoto ci sei solo tu. Libertà totale.
Lo si trova dappertutto il momento dell’amore, ma è più semplice riconoscerlo davanti ad una situazione fisica, nel caso del salto anche parecchio evidente. Per questo ogni volta che posso, un saltino lo rifaccio. Così da non scordarmi la traccia e rinfrescarmi la memoria!